27. LA COMBO ALTURA+HEAT IN SUCCESSIONE OTTIMIZZA L'AUMENTO DI EMOGLOBINA!
L’allenamento in altura è un metodo molto diffuso per migliorare gli adattamenti fisiologici aerobici e la prestazione di endurance. Come mai? La minore pressione parziale di ossigeno (stimolo ipossico) ad alta quota aumenta la produzione di eritropoietina, che a sua volta stimola un aumento della massa emoglobinica. Poiché l'emoglobina è il trasportatore di ossigeno nel sangue, un suo aumento consente a più ossigeno nell’unità di tempo di raggiungere i muscoli, migliorando così la prestazione.
Tradizionalmente, 2-3 settimane di alta quota vengono effettuate 2-4 settimane prima della gara obiettivo. In questo modo, si cerca di gareggiare con l’aumento di massa emoglobinica stimolato dall’alta quota ed avendo allo stesso tempo recuperato dal carico di allenamento effettuato. Tuttavia, sfortunatamente i guadagni di massa emoglobinica stimolati dall’altura vengono persi già entro 10-25 giorni dalla rimozione dello stimolo ipossico. Questo rende non sempre certo che si stia gareggiando sia in uno stato di completo recupero che con l’aumento di massa emoglobinica stimolato dal ritiro in altura.
Pertanto, trovare un modo per prevenire la rapida perdita di massa emoglobinica una volta terminata l’altura può essere molto importante per ottimizzare le prestazioni in gara.
In un precedente post, abbiamo visto come anche l’heat training (allenamento a temperature elevate) stimoli un aumento della massa emoglobinica. In un altro post, abbiamo visto come gli effetti postivi tipici dell’heat training possono essere replicati con una soluzione pratica anche quando la temperatura ambientale non è particolarmente alta: fare rulli indoor indossando indumenti aggiuntivi pesanti invernali (metodo denominato ‘heat suit training’).
Fare 3 volte a setttimana indoor heat suit training per 3 settimane dopo essere scesi dall’altura permette di mantenere l'aumento di massa emoglobinica ottenuto con l’allenamento ad alta quota?
Uno studio pubblicato nel 2024 di nuovo dal Prof. Bent Rønnestad e colleghi (Inland Norway University of Applied Sciences, Lillehammer, Norvegia) su Medicine & Science in Sports & Exercise ha cercato di rispondere a questa domanda. (1)
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